-Trilogia
Kafkiana III-
“I giardini di
giugno”
Quella
mattina il Signor R. si svegliò morto, tecnicamente il Signor R. non era morto,
morto ma anzi godeva d’ottima salute per i suoi ottantacinque anni compiuti
proprio quel giorno il venticinque giugno, quella mattina si svegliò come tutte
le mattine alle otto meno un quarto (il Signor R. era una persona altamente
ordinata e alquanto abitudinaria!) , quel giorno era il fatidico giorno che
ogni pensionato aspetta, il giorno della pensione ma qualcosa quella mattina
andò storto, dopo una colazione leggera e tutto ciò che si fa al mattino il
Signor r. andò in banca per farsi accreditare la tanto sospirata pensione (che
a giugno era più alta per la quattordicesima!) e fu proprio nel momento dell’accredito
che scoprì suo malgrado d’essere morto.
Sulle
prime sorrise e pensò ad un pessimo scherzo (di solito chi scherza sulla morte
allunga la vita al diretto interessato dello scherzo!) ma il giovane cassiere
non stava ridendo ne scherzando, per lo stato il Signor R. era defunto due
giorni prima.
“Mi
scusi…. Ma come faccio ad essere defunto se sono qui davanti a lei?”
“Il
computer non sbaglia e la pensione non possiamo accreditargliela poiché risulta
defunto!”
“Ma
come?”
“Non
posso farci niente dovrebbe andare a controllare lei di persona e magari fare
una dichiarazione di vita!”
“Una
dichiarazione di vita?”
“Esatto!”
Quella
mattina il Signor R. non voleva litigare e con le pive nel sacco si diresse all’istituto
preposto per le pensioni, la storia non cambiò, risultava defunto, la cosa non
li andava giù al Signor R. anche perché con la sua presunta morte tutto era
bloccato, il conto corrente, le bollette, tutto, anche la tessera del
supermercato, per lo stato lui era morto e doveva rimanere tale, poiché lo
stato non sbaglia mai!
Passarono
solamente ventiquattro ore e tutto era
inesorabilmente bloccato, il gas e la luce piombati, il conto corrente
congelato, il Signor R. non esisteva più, in teoria questo fatto poteva aprire
molti vantaggi, tipo andare a rapinare una banca e nessuno poteva arrestarlo
visto che era morto, poteva fare qualsiasi cosa senza pagare le conseguenze e
lo avrebbe fatto se avesse avuto meno anni ma a ottantaquattro anni non si
hanno ne le forze ne la voglia di fare alcunché.
Cosa
poteva mai fare?
Andare
in comune a fare la famosa dichiarazione di vita?
Ci
provò ma inutilmente, una quasi analfabeta che era incaricata per queste
pratiche non voleva sentire ragioni e anzi trattò il povero Signor R. come un
farabutto pronto a rubare l’identità a un povero morto, il signor R. s’infuriò
molto e nonostante avesse portato tutti i documenti che accertavano la sua vita
l’addetta non voleva sentire ragioni, era morto e doveva rimanere morto, non c’erano
alternative se non rimanere morto per finta o almeno aspettare la reale morte.
La
battaglia che il Signor R. aveva intrapreso continuò a lungo, ma fu inutile le
varie lettere scritte a ministri, senatori, primi ministri, sotto segretari,
sotto sotto segretari, addirittura arrivò a scrivere al presidente della
Repubblica in persona, fu inutile, nessuno delle alte sfere lo voleva
ascoltare, i giornali tantomeno, non potevano credere che un morto non fosse morto,
se era morto doveva essere morto, l’assurdità di tutta questa situazione era
che il povero Signor R. era vivo e vegeto e anzi questa battaglia lo fece quasi
ringiovanire.
I
mesi da presunto morto ma non morto passarono e nonostante ch3e avesse tutto bloccato
il Signor r. non si dava tregua, la sua battaglia (forse l’ultima!) doveva
continuare e continuò per anni e anni, esattamente il venticinque giugno,
giorno del suo novantesimo compleanno qualcosa si mosse, il Signor r. ricevette
una lettera, una lettera importante che li comunicava che a causa di un’errata
trascrizione lui non era da considerarsi morto ma a morire era un suo omonimo
di dieci anni in meno, poteva finire così con lo sblocco totale di tutto ciò
che era stato bloccato (sei anni di pensione arretrata e tutto il resto non era
un fatto su cui sputarci sopra!) se non fosse che il povero Signor R. morì per
davvero il giorno dopo che ricevette la lettera, forse per l’emozione estrema
della sua vittoria contro lo stato che finalmente riconosceva il suo sbaglio,
forse per altro, nessuno lo saprà mai, l’unica cosa che si sa di certo che il
giorno della sua morte un signore che di cognome faceva R. si vide rifiutare l’accredito
della pensione sul suo conto corrente personale…
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