-Trilogia
Kafkiana II-
“Nekaltas”
Da
ciò che so succede sempre dopo la cena, mai prima e a volte dopo ma mai prima,
quando una famiglia sta incominciando a digerire e a pensare a come finire quel
giorno è in quel momento di puro relax dopo una giornata pesante al lavoro che
arrivano le lunghe mani della giustizia.
Un
tipo se ne sta lì calmo e tranquillo e la giustizia arriva sotto l’aspetto di
poliziotti o carabinieri, ti sfondano la porta, non dicono nulla, urlano ordini
e basta e in men che non si dica sei ammanettato e portato fuori con flash e
urla di persone che fino a ieri erano i tuoi vicini, ti sputano e t’offendono
per qualcosa che non si sa ma si è appena stati etichettati come dei mostri, un
moderno babau, l’uomo nero delle ninne nanne il nemico della società bene che
finalmente è stato neutralizzato; ti caricano in macchina con un eccesso di
zelo, la testa viene abbassata per entrare meglio anche ammanettato, nessuno ti
dice niente.
Una
corsa di pochi minuti con le sirene spiegate e poi incomincia ciò che per molti
è storia già vissuta, le impronte, le foto, il questionario banale con le
generalità e poi pum, si finisce in una gabbia con altre persone che
stranamente hanno la tua stessa espressione di coloro che non sanno bene perché
sono lì e sono solo le undici di sera.
Il
carcere preventivo lo chiamano, nel mondo viene usato solamente per i detenuti
che possono scappare o che possono attuare atti violenti (lo scoperto anni
dopi!) nel nostro paese non è così, la mattina successiva dopo una notte in
carcere vedo una persona che dice d’essere il mio avvocato (d’ufficio s’intende
visto che non ho mai avuto un avvocato!), per minuti mi sciorina termini
d’avvocati e di leggi, minuti che sembrano ore e non risponde a una mia
semplice domanda :”Di cosa sono accusato?”, c’arriveremo a quello, è un suo
mantra credo, dopo mezzora di pistolotto di leggi e leggine mi comunica che
sono accusato di pedofilia e d’omicidio di un bambino, un omicidio attuato a
tremila chilometri da dove abito, ci sono testimoni, ricerche a tappetto il
D.N.A. conferma che io tre anni fa dopo aver ampiamente abusato sessualmente di
un bambino l’ho ucciso senza pietà per poi sotterrare il corpicino senza vita
sotto un albero, ho gli occhi fuori dalle orbite, la mascella si muove
convulsamente, non capisco più nulla ho un black out (poi mi diranno che sono
svenuto per lo shock!), mi risveglio in cella, non riesco a capire il perché e
il percome.
Non
posso vedere nessuno nei primi mesi di detenzione, ne la mia famiglia ne i miei
amici (se ne ho ancora!), solamente il mio avvocato che sono stato costretto a
cambiare perché quello che mi avevano assegnato non era in grado di portare
avanti un processo così complesso, sono solo e la stampa mi viene addosso, mi
ha già etichettato, sono il mostro che si merita di morire tra atroci agonie e
tormenti, la sentenza è già stata scritta
e io sono colpevole e ancora non capisco perché tutto questo è successo
a me.
I
mesi passano e sono ancora in carcere, il carcere preventivo, sono pericoloso e
posso sempre scappare al estero, peccato che mi abbiano bloccato i conti e
tutto il resto, dopo quattro mesi di carcere vedo mia moglie, non mi crede,
nessuno mi crede e non verrà al processo e non testimonierà a mio favore, anche
se il giorno del delitto ero con lei, ma il dubbio si è insinuato in lei e ai
suoi occhi sono il mostro, dopo una settimana mi arriva la richiesta di
divorzio.
Sono
in isolamento a causa del mio “reato” non posso stare con li altri detenuti per
la mia incolumità, il mio avvocato ha trovato tutte le prove che mi scagionano
ma i tempi della giustizia sono lunghi e il processo non si è ancora fatto, è
quasi un anno che sono in carcere per un reato che non ho commesso, sono in
carcere per non scappare e per proteggermi, dicono, il giudice che si è preso
sulle spalle la mia storia è in vacanza, si dice alle Maldive, io le ultime
vacanze le ho fatto tre anni fa, in spagna , quando ero ancora un essere umano
e avevo ancora una famiglia, ora sono solo un detenuto in isolamento per la mia
incolumità.
Festeggio
il terzo anno di carcere e proprio per questo anniversario che il giudice ha
deciso di dare il via al mio processo, di primo grado, la mia città
rappresentata dal comune si è costituita parte civile contro di me, in aula
sfilano i miei ex vicini che dichiarano che nonostante non abbiano mai avuto
problemi con me non li convincevo del tutto, ero sempre sulle mie e non
partecipavo alla colletta del regalo di Natale per il custode, dopo i miei
vicini sfilano vari scienziati che affermano senza ombra di dubbio che il
D.N.A. ritrovato sul corpo della vittima è il mio, peccato che nessuno me lo ha
mai prelevato il D.N.A. (il mio avvocato batte su questo tasto!), sfila di
tutto, addirittura hanno chiamato il mio ex macellaio a testimoniare solo per
far vedere al giudice che amo la carne e quindi sono un potenziale pedofilo
omicida, il primo giorno del processo si conclude così, con tutto e tutti
contro di me, il secondo giorno tocca alla difesa e nonostante i vari testimoni
a mio favore il giudice non è convinto e vuole aspettare una settimana per
esprimere un giudizio.
Colpevole,
mi hanno giudicato colpevole, la pena massima, l’ergastolo e il giudice si è
autocompiaciuto per aver tolto dalla vita civile un pericolo come me, a nulla
sono serviti i testimoni a mio favore, a nulla è servito le prove a mio favore,
il giudice sapeva fin da prima dell’apertura del processo che io dovevo essere
colpevole voleva la pubblicità per il giudice che ha beccato un pericoloso
pedofilo omicida, la stampa ci va a nozze, viene subito eletto uomo dell’anno,
interviste su giornali e televisioni si sprecano ed io rimango in carcere con
un’accusa pesante sul groppone, il mio avvocato cerca di tranquillizzarmi, c’è
sempre il secondo grado che potrebbe ribaltare il verdetto, lui ci crede.
Ancora
quattro anni tra le mura di cemento della mia cella, sempre in isolamento, sto
perdendo peso, i secondini si divertono a “sporcarmi” il mangiare, mi svegliano
sempre due ore prima dell’ora della sveglia, ridono e mi sputano addosso i
giorni passano tutti uguali e diventano
prima mesi e poi anni e dopo sei anni che sono incarcerato arriva il processo
di secondo grado che dopo quattro mesi mi reputa innocente, sono innocente, non
ho mai commesso il fatto, al epoca non ero fisicamente sul luogo del delitto,
il D.N.A. non era il mio, la scientifica si è sbagliata, sono innocente ma non
è una vittoria, l’accusa ha fatto ricorso e io devo rimanere in carcere,
nonostante che un giudice mi ha reputato innocente, rimango in carcere con
appiccicato addosso una colpa non mia, un’infamia che non mi merito e mia
moglie ormai ex moglie si è risposata e non potrò più vedere mio figlio, sempre
perché potrei farli del male, sono solo in una cella.
L’ultimo
atto di questa farsa si compie a quattordici anni dalla mia “entrata” in
carcere, se il giudice preposto mi troverà innocente sarò libero ma nonostante
la speranza vivace del mio avvocato non sono molto propenso a pensare positivo,
ho perso venti chili in questi anni, ogni gesto “normale” che compivo quando
ero fuori è un fievole ricordo nascosto tra le pieghe del mio cervello, non so
più come si vive fuori, esiste solo il carcere. Le angherie dei secondini, le
offese degli altri detenuti, i quattordici anni della mia vita che mi sono
stati sottratti con la forza, i miei affetti e le persone a cui volevo bene
sono spariti, sciolti, dissolti come neve al sole, sono solo contro tutto e
tutti ma soprattutto contro l’opinione pubblica che mi etichetterà sempre come
un mostro assetato di sangue pronto a stuprare i loro figli, sono un essere
umano che non è più un essere umano; arriva la sentenza, sono completamente
innocente, non ci saranno più processi, sono un uomo libero, il giudice ha
dichiarato che mi spetta un risarcimento per tutti li anni che ho passato in
carcere, l’accusa si scusa con me in aula, la difesa gioisce felice per la
buona riuscita del processo, sono un uomo libero.
Sono
solo in un appartamento preso in affitto in un paese dove nessuno sa chi sono o
cosa ho passato, il mio avvocato mi ha detto che qui posso rifarmi una vita,
ritornare a vivere, sono un uomo nuovo secondo lui e i quattordici anni che ho
perso? Nessuno mi dice niente, la stampa ha pubblicato a pagina trenta due
righe sulla mia innocenza dopo mesi e mesi di prime pagine dove mi disegnavano
come un mostro sanguinario, ma la colpa è mia che non lo sono, non loro che
hanno buttato in prima pagina il mostro, loro facevano il loro lavoro, non
bisogna farne una colpa a loro ma a me e
basta, sono io che li ho rovinato il lavoro mica loro, non ho più sentito mia
moglie ne mio figlio che mi manca da morire, dopo tre mesi dal udienza anche
il mio avvocato si è dimenticato di me, avrà altre cause di cui occuparsi, sono
solo, in un appartamento pagato dallo stato che mi ha incarcerato per
quattordici anni, ho un nuovo lavoro, si può dire che ho una nuova vita… la
corda stretta attorno al collo dice l’inverso…