N.D.A.:
Questo racconto è nato pensando alla mia nonna paterna, molte cose sono vere,
molte romanzate, molte sono il frutto di determinate mie idee, è un racconto
scritto per dire la mia, su determinate cose, non voglio andare contro a
nessuno ne a nessuna persona, ma la figura di mia nonna mi distrugge e mi fa
capire molte cose su ciò che sono io, mi spiace se ho scritto cose pesanti ma
non potevo esimermi, quando si parla della Shoah non si può non parlare di
determinate cose, ho voluto scrivere questo racconto in memoria a mia nonna
(che aveva predetto la mia nascita!) romanzando dove potevo, anche se ci sono
andato molto leggero, se no questo racconto diventava una sotto specie di
britannica, ho pensato che mia nonna magari nel suo paese di formazione ebraica
magari poteva essere sposata, magari no, non lo so e non lo saprò mai anche
perché non ho mai conosciuto mia nonna e spero che in paradiso possa leggere
questo racconto e spero che gli piaccia, come spero che piaccia a mio padre….
Dovevo magari fare due dediche, lo so, ma il pensare a mia nonna che ha subito
ciò che ha subito mi fa rendere più orgoglioso d’essere ebreo…. Ok andate a
leggervi questo racconto, e P.S.: mi sono documentato su certe cose!
-Ricordo-
A mia nonna
paterna
Che non ho mai
conosciuto!
Il
villaggio è piccolo, una media comunità, mio padre, mia madre e mio fratello,
si vive bene qui si parla Yiddish, siamo una comunità che sta al freddo, in
quel di Lituania, un villaggio che si è scampato dallo Zar!
Il
venerdì sera si spegne tutto, ogni cosa, è lo shabbat, si festeggia, non si fa
nulla per poi domenica si ritorna a vivere, si mangia in compagnia col tutto il
paese, è una grande festa!
Jonas
mi fissa!
Jonas
sa che sarà mio marito, lo guardo di sottecchi, so benissimo cosa vuole quel
farabutto, ma non lo avrà, Jonas torna a casa sua, è figlio del rabbino e
diventerà anch’esso rabbino, siamo un paese con poche persone e il rabbino è
importante per la nostra comunità, ci vuole è il collante!
La
vita scorre tranquilla ho solo vent’anni!
Mi
sono sposata abbastanza giovane, anche se non per la comunità, Jonas il futuro
rabbino mi ha convinto, dopo solo un anno è nato il nostro piccolo Ezra,
eravamo felici, nonostante il freddo e il cibo che scarseggiava, ma nonostante
questo non potevo lamentarmi e poi…
Poi
è arrivato il buio, il buio totale!
Parlavano
una strana lingua, non era Russo, sembrava Yiddish ma più arrabbiato, una
quarantina di soldati che urlavano un qualcosa di incomprensibile, per prima
cosa sono entrati nella Sinagoga, il padre di Jonas era vecchio, molto ma
teneva la comunità ben ferma e salda, hanno strappato tutte le bibbie, hanno
incendiato la sinagoga e hanno tagliato la barba al padre di Jonas, lo hanno
fatto con una tale violenza che poi il povero Rebbe aveva il volto pieno di
sangue, poi come se nulla fosse hanno urinato verso la sinagoga ridacchiando,
sono venuti a perquisire casa per casa, hanno preso tutti, tutti, non eravamo
in molti ma ci hanno preso tutti!
Calci,
sputi, schiaffi, violenza, Jonas ha cercato di ribellarsi in qualche modo, un
pugno in pancia e poi il calcio di un fucile in faccia, il suo naso che si
distrugge, il mio Ezra aveva solo un anno…. Solo un anno!
Ci
hanno divisi, bambini e donne da una parte e uomini e vecchi da un’altra,
c’hanno fatto salire su camion e siamo partiti… ho visto il mio paese prendere
fuoco, stringevo al mio corpo Ezra mentre tutta la mia vita andava in fumo.
Il
viaggio fu lungo, ci portarono in una stazione per i treni e ci fecero caricare
su vagoni bestiame, Ezra non voleva smettere di piangere, un soldato me lo ha
strappato dal petto, lo ha guardato per un secondo e poi lo ha preso per una
gamba e ha sbattuto il suo corpo contro la fiancata di un vagone, ha continuato
a farlo per una ventina di volte per poi buttarlo a terra, sputarci sopra e per
finire urinarci sopra… aveva solo un anno!
Le
lacrime!
La
paura!
Sono
stipata in una vagone con altre cento o forse di più donne, poche parlano la
mia lingua, pochissime, lingue strane che non riconosco, alcune suonano come
l’Yiddish, altre meno, il viaggio è lungo, doloroso ed estenuante, dura
un’eternità, una vita, alcune donne muoiono, ad ogni stazione il treno si ferma
e scaricano i copri… a fine del nostro viaggio rimaniamo in sessanta!
Arriviamo
di notte!
C’è
nebbia!
Non
si vede la luna!
Aprono
il vagone e qualcuno urla cose incomprensibili, ci strattonano, ci fanno
scendere, un altro soldato con un camice bianco ci guarda e muove la mano verso
destra o verso sinistra, chi va a sinistra deve andare a farsi una doccia… ho
scoperto dopo cosa voleva dire, andare a farsi una doccia, io ero a destra, mi
sono salvata ma per quanto?
Ho
saputo dopo che chi andava a sinistra veniva rapata, spogliata e doveva correre
al freddo verso una specie di casermone, gli davano del sapone per lavarsi,
entravano nelle docce e incominciavano a irrorare le docce con un veleno, la
morte non arrivava subito, ma dopo un tempo infinito d’agonia, ogni tot ore le
docce venivano aperte e i corpi venivano portati con una specie di montacarichi
verso i forni, il campo (ho scoperto dopo che ero in un campo di
concentramento!) odorava sempre di plastica e di pollo bruciato, quell’odore,
mi è rimasto addosso per anni!
Io,
io, io… io, io riuscivo a mangiare meglio rispetto alle altre, a volte mangiavo
del pane vero, della cioccolata, addirittura delle uova, diciamo che mangiavo!
A
volte chiedevo di Jonas e loro ridevano, pronunciavano cose che non capivo e
ridevano!
La
sera!
Le
sere, quando tornavo tardi tutte mi guardavano con odio, sapevo cosa stavo
facendo ma volevo vivere, volevo sopravvivere, le altre non capivano il mio
bisogno di vivere, magari Jonas era vivo!
Me
lo ricorderò per tutta la mia vita tra un e un altro, qualcuno, un’SS forse un
Kapò, forse un ufficiale, non lo so, me lo disse, Jonas era finito nelle docce
subito, la sera che era arrivato nei campi, e poi cremato, ero sola!
Mi
faccio schifo, i tedeschi hanno fatto il bello e il cattivo gioco con il mio
corpo, hanno fatto ciò che volevano, tutto, qualsiasi cosa che la loro mente
malata gli indicava di fare, vomitavo più volte al giorno, il nervoso!
L’odore
di pollo fritto e plastica bruciata satura l’aria, non si può non respirare,
non perdo peso grazie a ciò che guadagno a fare, a fare, a fare…. A fare!
Le
esecuzioni continuano a pieno regime, alcuni non hanno neanche il numero
tatuato sul braccio, io lo guardo sempre come monito, so di certo che siamo nel
più grande campo di sterminio, lo so, treni su tremi arrivano e la maggior
parte viene mandate alle docce, il fumo nero e oleoso, l’odore!
Compio
vent’un’anni, si parla di certi militari che hanno perso, alcuni hanno vinto,
il cibo o le mance che dir si voglia si assottigliano, mangio meno, tutte mi
guardano male, non m’interessa, sono una sopravvissuta ed è l’unica cosa che
conta!
La
guerra è finita l’asse è sconfitto, liberano i campi, ormai nel nostro campo
rimangono in pochi, molto pochi, ed eravamo in molti, quanti morti? Quanto
odore?
Siamo
denutriti, i tedeschi se ne sono andati, entrano gli Americani, ci guardano con
disgusto, siamo umani per D-o!
Barcollo,
ci hanno liberati, l’incubo è finito, o almeno sembra così!
Cerco
notizie di Jonas, è morto subito, sono vedova e non ho più mio figlio, il cuore
si spezza nuovamente, ho visto la sua esecuzione, non ho mosso un dito, potevo
fare qualcosa, ma cosa?
Mi
odio!
Mi
liberano!
Sono
vedova? Cosa devo fare?
Le
urla mi perseguitano, le urla di persone che bruciano o che vengono gasate, che
devo fare?
Vado
a sud, trovo rifugio in un enclave fascista ebraico, qualcuno può riconoscermi?
Conosco
un uomo, un fascista convinto, non sa cosa ho passato, vuole scoparmi, scappo,
ma poi nasce mio figlio, il mio piccolo, il mio meraviglioso bambino, ne ho
perso uno e questo non voglio perderlo!
Sua
madre mi odia, mi vede come una sottospecie di reietta anche se lei è ebrea, ma
mi vede come il meno del meno, mi tratta male, vedo il mio piccolo, che cresce
e mio marito che se ne frega, devo scappare, voglio mio figlio con me, me lo
portano via e mi costringono a partire senza il mio figlio, dicono che ci
penseranno loro, loro, voglio pensarci io, vengo scacciata, scappo, con il
cuore a pezzi il mio piccolo a solo tre anni!
Partire,
avere in mente ciò che mi hanno fatto, due, tre, quattro a volte, solo per
mangiare, vomito, vomito tutto ciò che ho dentro!
Dopo
un lungo viaggio durato molto arrivo nel nuovo continente, sono sola e mi manca
mio figlio, mi manca da morire, il padre è un figlio di puttana, lo so, ma
voglio esserci!
Passano
gli anni mi risposo, per la terza volta con un lituano, almeno parliamo la
stessa lingua!
Io,
io, io, io….
Partorisco
una figlia, la mia terza genita, non so che fare, collegio!
Passano
gli anni!
Siamo
nel settantanove, torno in Italia, mio figlio ha un figlio, il mio nipote, il
mio meraviglioso nipote, non lo vedo tutto, ha sette anni… sette anni sei più
di….
Il
cuore si stringe, vedo la moglie di mio figlio, il mio piccolino, vedo il mio
nipote, assomiglia al padre, è bellissimo, non posso non coccolarlo, il mio
primo nipote, vorrei far capire a mio figlio ciò che è successo ma lui è sordo,
non vuole capire, mi odia, mi odia profondamente, pensa che lo abbandonato,
pensa questo!
È
sera, sono in un albergo, mio figlio non mi ha voluto, sono in una stanza e
rifletto che lui è un secondo genito, suo fratello è stato massacrato con
violenza contro un treno merci, mio marito, morto gasato, il secondo che ha
dichiarato la mia morte e ha stuprato l’innocenza di mio figlio dichiarandomi
morta, mi ha dichiarato morta, ma so che lui non lo pensava, il mio piccolo, il
mio R., sapevo che sapeva che sua madre c’era, lo sapeva… lo speravo… mio
figlio mi odia, non so il perché ma so che è così, lo abbandonato a tre anni…
così la pensa lui, mi hanno impedito di averti con me, me lo hanno impedito!
Urlo!
Devo
urlare nonostante lo Shabbat!
Urlo!
Devo
farlo!
Sono
stata zitta per anni, ho subito la violenza della SS in silenzio, mi hanno
stuprata più volte e sono stata in silenzio, poi scappo e mi ritrovo un ex SS
Lituano e lo sposo, mi nasce una figlia, la sorella del mio figlio, scappo!
Vedo
la moglie di mio figlio, è carina, gli do un ciuccio, so che nel ottanta
nascerà il loro secondo figlio, glielo dico, lei fa no con la testa, ama mio
figlio, e avrà un secondo figlio!
Mia
figlia s’accasa con il fratello della sposa del mio figlio, sono tutti
accasati, posso tornare nel nuovo mondo!
Incomincio
a scrivere i miei diari, faccio in modo che nessuno possa capirli, scrivo
numeri, mi considerano pazza, ma il tatuaggio che ho sul braccio dice di no!
Vorrei
morire, davvero, vorrei morire subito, sono passati trent’anni da quando ho
visto mio figlio, il mio adorato figlio, ora ha un figlio grande con figli e
l’altro gli da problemi, lo so, lo so perché finalmente è qui con me,
finalmente una madre ha il suo figlio e potrà coccolarlo per l’eternità… ed è
l’unica cosa che chiedo…
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